Lo slang del Covid 19: funzione, effetti e rischi

Lo slang del Covid 19: funzione, effetti e rischi

In seguito alla pandemia da Covid 19, da cui, forse, stiamo faticosamente iniziando ad uscire, il nostro frasario si è rapidamente arricchito di una serie di espressioni che precedentemente non facevano parte del nostro linguaggio o, quanto meno, non veicolavano significati così specifici.

Abbiamo imparato ad utilizzare parole come contagio, quarantena, assembramento, distanziamento sociale, congiunti, che ormai fanno parte del nostro linguaggio quotidiano; come anche abbiamo appreso ad attribuire un significato specifico ed emotivamente carico a parole di uso comune come mascherina, guanti, alcol, plexigass, autocerificazione, significato di cui erano precedentemente privi.

Quando si utilizza il termine inglese “slang”, ci si riferisce ad un particolare gergo di natura informale, che ha la funzione di rimarcare l’appartenenza di chi lo utilizza ad un gruppo o ad una categoria.

Normalmente ci si riferisce a questo concetto collegandolo a delle sottoculture, come per esempio quelle diffuse tra gli adolescenti; ma del resto anche alcune categorie professionali specifiche possiedono un frasario specifico e tecnico (pensiamo ad esempio alla psicoanalisi).

Nel caso del Coronavirus ci troviamo di fronte ad una condizione assolutamente peculiare: il gergo ormai di uso comune non identifica una sottocultura, ma un’ intera collettività e permea a tal punto la nostra vita da aver modificato, speriamo temporaneamente, la nostra stessa visione della realtà.

Non solo quindi – per fare un esempio- abbiamo inserito la parola “assembramento” nel nostro linguaggio quotidiano, ma anche la nostra stessa lettura della realtà ne è modificata, per cui un gruppo di persone non è più solo tale, ma ad oggi costituisce, appunto, in primo luogo “un assembramento”.

Come si è potuto generare in un così breve lasso di tempo un cambiamento massiccio di prospettiva e l’ acquisizione di un frasario così diffuso e specifico?

Io credo sia possibile attribuire a questo nuovo gergo, a questi nuovi significati che spesso percepiano come disturbanti, una connotazione adattiva

Di fronte ad un evento inatteso e traumatico di così ampia portata, la collettività ha rapidamente generato, attraverso il linguaggio, forma primaria di comunicazione, un repentino adattamento, funzionale a garantire la sopravvivenza stessa della specie.

Un gergo specifico, infatti, non può che amplificare la possibilità di diffusione di informazioni e di comprensione reciproca.

D’altro canto, ancora una volta in chiave adattiva, la condivisione di un gergo così specifico è divenuto anche una sorta di strumento collettivo utile a rendere un evento inatteso ed incomprensibile, maggiormente intellegibile e, quindi, più facilmente elaborabile e gestibile.

È possibile che questa espressione di adattamento collettivo contenga anche possibili rischi?

Probabilmente, se questa mutazione linguistica e semantica si perpetrasse sul lungo termine, sarebbe opportuno domandarsi in che modo integrare questa dimensione nella nuova normalità che ci aspetta.

Ciò significa che se ad oggi è come se questa nuova dimensione fosse subentrata ma in maniera ancora “incapsulata” e, forse, soverchiante rispetto ai significati comuni, sarà quindi necessario interrogarsi sull’ importanza di costruire nuovi equilibri polisemantici in cui un gergo mortifero, spaventante ed allarmistico lasci spazio anche ad elementi più salubri e vitali.

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