Essere Single, oggi.

Essere Single, oggi.

Essere Single: in due parole è solo apparentemente possibile descrivere una condizione che contiene invece, in sé, un’ infinità di significati e considerazioni su un piano sociale, culturale ed individuale.

Non vivere un rapporto di coppia -come viverlo del resto, o come considerarlo imprescindibile – ha delle implicazioni sociali e personali che non possono essere racchiuse in alcun “clichè” inevitabilmente riduttivo, come spesso la società ci spinge a fare.

Siamo sommersi da richieste sociali che hanno un peso enorme e che possono impedirci di porci delle domande sui nostri sentimenti più profondi, qualsiasi sia la scelta che facciamo o la condizione che ci troviamo a vivere.

Oggi, essere single sembra aver assunto una sorta di status alternativo al dictat di dover “mettere su famiglia”, di “doversi sistemare” e sembra essersi abbozzata una rispettabilità intorno a questo status, che forse non è, tuttavia, pienamente conquistata.

Questo è in special modo vero per le donne, che molto prima degli uomini si trovano a fare i conti con l’irriducibilità di certe condizioni, come quella di non aver fatto dei figli a “tempo debito”, o con il sottile veleno della sempre più marcata mancanza di corrispondenza, con il passare del tempo, a come una donna “fertile” dovrebbe essere: tonica, “liscia”, disponibile, prestante.

In sostanza ad un certo punto della vita, la società ci dice che non siamo più fertili, molto spesso ben prima che sia il nostro corpo a raccontarcelo davvero.
E questo, sotto una luce diversa e con altre declinazioni, riguarda anche gli uomini, a cui vengono richiesti in ogni caso certi esiti, certe prestazioni, a cui vengono fatte richieste non meno pressanti.

Per esempio, un uomo può permettersi di indossare i panni di un single felice, molto più facilmente di quanto possa esprimere la propria insoddisfazione. Ma quei panni sono davvero I suoi?

Al contrario , ad una donna spetta un inquadramento opposto: una single infelice appare molto più plausibile di una single soddisfatta.

Ascoltarsi, in questo mare di interferenze, può non risultare facile.

Sentire davvero quale sia il proprio vissuto rispetto alla mancanza di un rapporto di coppia, comprendere che parte di noi ciò rispecchi e di cosa sia l’esito, rappresenta tuttavia la chiave di accesso a delle risposte autentiche, laddove una persona senta la necessità di individuarne.

È possibile che l’essere single derivi da un processo di maturazione personale, dove la persona abbia individuato in sè, nelle proprie risorse, nella propria cerchia di amici o nelle proprie attività, uno stato di benessere indipendente dal fatto di essere o meno in coppia; è possibile che semplicemente non senta il bisogno di avere accanto un’altra persona.

Così come è possibile che, dopo una serie di rapporti insoddisfacenti, una persona sia stata portata a chiudersi, a non avere più fiducia in se stessa o negli altri, o che abbia sviluppato una serie di esigenze rispetto alle relazioni con gli altri che non erano ancora presenti in giovane età.

Questi sono solo due dei possibili percorsi che, descritti in maniera certamente semplificata, possono portare una persona ad essere single.
In un’ottica più individuale, intrapsichica, una persona che si ponga delle domande sul proprio status di single, potrebbe approfittare proprio del concetto di “fertilità” di cui abbiamo parlato sopra, ma in una chiave totalmente diversa rispetto a quella organica ed allontanandosi dalle valenze e dalle pressioni sociali a cui si è fatto cenno.
Una persona potrebbe chiedersi, quindi, quanto-da un punto di vista psicologico, interiore, relazionale,si senta fertile e si renda tale.
Quanto conceda davvero ad un altro di avvicinarsi a sé in maniera profonda, autentica.
Se ci siano delle paure, dei filtri, o magari dei veri e propri muri.
Si tratta di domande difficili a cui può capitare di non avere una risposta immediata.
Certamente è più semplice ancorarsi a delle spiegazioni concrete, come un rapporto sbagliato ad esempio, che certamente hanno una loro dignità ed importanza.
Eppure queste spiegazioni concrete potrebbero non essere sufficienti a trovare delle risposte vere, più profonde.
Diviene allora necessario porsi delle domande nuove e porsi in un atteggiamento di ascolto ed apertura verso di sé.

Certamente un rapporto psicoterapeutico può, in tal senso, essere di grande supporto in questo processo.
Lo strumento più potente di una psicoterapia è infatti proprio la relazione terapeutica, che sollecita e richiama queste domande così importanti.
Mettersi in gioco in una relazione, seppur terapeutica e quindi con obiettivi e caratteristiche definite, è proprio il nodo intorno a cui la persona può, finalmente, trovare il coraggio di interrogarsi.

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